Storie 1984-1986 è il terzultimo appuntamento con la raccolta dei racconti di Andrea Pazienza, pubblicata dalla Coconino Press, che inizia con i primi racconti del celebre fumettista, del 1977.
«Ma tu, ragazzo mio, disponi ancora di una quantità di territori e di truppe, non lasciarti abbattere e sappi farne buon uso»
Storie 1984-1986 – Trama
Storie 1984-1986 si apre con la prefazione di Tanino Liberatore, anche lui fumettista e amico storico di Pazienza, e racchiude i racconti di Pazienza apparsi, in quegli anni, sulle riviste Corto Maltese, Glamour International Magazine, Frizzer, Tempi supplementari, Il Mattino, Frigidaire, Il grande alter e Tango. Proprio all’amico d’infanzia Tanino Liberatore è dedicato il racconto La leggenda di Italianino Liberatore, nata durante un soggiorno di Pazienza a Parigi dall’amico e che lo stesso Liberatore ci racconta nella prefazione, collegata a un aneddoto che avrebbe visto Pazienza perdere le tavole con i disegni iniziali della storia, per poi ritrovarle, per puro caso, tempo dopo averle ridisegnate da capo.
Storie 1984-1986 racchiude, oltre al racconto del personaggio ispirato a Liberatore, Piccola guida ragionata al (o del?) west, per i veri amanti dei cowboy e degli indiani d’America; un coloratissimo Shishna Pagma; Pasqua; il controverso Don Pepe; il brevissimo La Sig.ra X; Tipi da spiaggia (il mio preferito in assoluto per le risatine che mi sono venute leggendolo); Mafia; Tra’s Il rifiuto di San Giorgio a Cremano (NA); il pittorico e inquietante Hamburger; Neve sull’Italia; E gli hamburger?; e infine, il minimalista Studia. Questi racconti titolati sono poi intercalati con altri brevi racconti senza titolo. La cosa che ho più apprezzato dello stile di Pazienza è l’incursione del suo stesso personaggio all’interno di alcune trame fumettistiche o, comunque, i riferimenti che i personaggi fanno del loro stesso fumettista.
Perché leggerlo
Storie 1984-1986 è sicuramente una lettura imperdibile per tutti gli appassionati delle storie di Andrea Pazienza. È sempre una gioia poter conservare un’intera raccolta di tutti gli scritti di un autore che si apprezza particolarmente. Lo stile di Pazienza è costantemente umoristico, tagliente e pronto a catturare l’aspetto più caricaturale di qualunque personaggio, luogo, situazione o interazione umana. Per ogni tipologia di racconto, trattando tematiche e dinamiche diverse – ma sempre con lo stesso tono e sense of humor – Pazienza sceglie uno stile di disegno ben preciso: passiamo dai bianchi e neri, ai colori vivissimi; dai personaggi abbozzati ad altri tratteggiati più nel dettaglio; da pagine quasi vuote ad altre piene di dialoghi. D’altro canto, però, questa raccolta è anche interessante per chi, come me, conosce Pazienza solo attraverso i racconti degli altri, i film a lui dedicati, la fama che resta nel tempo, senza però aver mai approcciato davvero un suo scritto.
Personalmente, ho faticato un po’ durante la lettura. Mi sono sentita tirata in mezzo a un mondo che non riuscivo a decifrare. Solo andando avanti nella lettura, sono riuscita a riconoscere e a comprendere la cifra stilistica che tutti riconoscono ad Andrea Pazienza. La mia difficoltà risiede anche, sempre, in una poca attitudine a leggere racconti scollegati tra loro; difficilmente riesco ad apprezzare questo tipo di narrazione, ma resta un limite mio. Per cui, mi sento di consigliare senza dubbi questa raccolta, non solo agli estimatori di Pazienza, ma anche a chi vorrebbe approcciarsi a questo fumettista italiano, che ha fatto la storia del fumetto in Italia.
La view fumettistica di Mirko
Parlare del contributo di Andrea Pazienza alla storia del fumetto nazionale sarebbe futile, dato che parliamo di uno dei più grandi innovatori della nona arte. Ciò che posso dire con certezza, però, è che una ristampa cronologica di ogni singolo lavoro più piccolo, a volte dimenticato e perso nei meandri di magazine che hanno chiuso vent’anni fa, è quanto di più giusto esista per onorarne la memoria. Trattandosi di una raccolta di opere, ovviamente, Pazienza spazia continuamente tra generi e stili di narrazione, sparando tutte le folli cartucce a sua disposizione e (com’è giusto che sia in una carriera così prolifica), colpendo un bel po’ di bersagli e, probabilmente, mancandone un paio. In realtà, proprio questa altalenanza fa parte del fascino della raccolta, perché tutto risulta una precisa overview, un compendio totale, un piccolo percorso anche di ciò che l’artista stava vivendo, oltre che mettendo su carta.
Quando ero più giovane (ok, mi avete scoperto, forse ancora oggi), mi divertivo, assieme ai miei amici, a storpiare in ogni modo la lingua italiana e il nostro modo di parlare. Scambiavamo le vocali, le pronunce, utilizzavamo parole appositamente sbagliate per cambiare il senso del discorso, “italianizzavamo” le lingue straniere e così via. Non ero nemmeno nato quando Pazienza moriva, e avevo solo 10 anni quando il film Paz! uscì al cinema (dico “al cinema”, ma non sono sicuro di quanto questa affermazione possa essere storicamente accurata). Quel film fu una grande introduzione alla controcultura per il mio gruppo di amici; ovviamente lo vedemmo un po’ più avanti, ma in piena adolescenza, quando la scorrettezza, la sregolatezza e la demenzialità di Pazienza remavano perfettamente in sincrono con la nostra voglia di andare oltre il normale. Dopo il film, iniziammo a consumare qualsiasi fumetto firmato Pazienza riuscissimo a trovare in qualche mercatino. Rileggere le storie di Pazienza dopo tutti questi anni mi ha fatto capire quanto la sua influenza, soprattutto sotto il punto di vista del ragionamento linguistico, sia stata fondamentale nel formare uno dei miei tratti caratteriali più classici. Chi se ne frega, direte voi?
Quello che volevo dire è che è scontato commentare lo stile visivo talvolta pittorico, o grottesco, o caricaturale, a volte abbozzato e a volte dettagliatissimo di Pazienza (le mostre in suo onore e gli studi fatti sul suo stile si sprecano). Nello stesso discorso, è altrettanto scontato parlare di come lui lavorasse con gli stereotipi culturali, sociali e geografici fino allo sfinimento (tanti dei quali, dopo un piccolo esame retrospettivo, farebbero sicuramente storcere il naso ai paladini della cancel culture, a volte precisi, a volte troppo fiscali. Poco scontato è, invece, parlare di come le nuove generazioni si innamorino di artisti (soprattutto musicali, come Tha Supreme) che fanno delle modifiche linguistiche il loro cavallo di battaglia stilistico. Mi rendo conto che lo faccio anche un po’ io, samesies, ごめんなさい.
La duttilità e la capacità dell’essere distrutta senza mai venir usurpata sono tra le cose più belle che si possono fare con la lingua italiana in ambito artistico, e Andrea Pazienza ci ha insegnato a farlo come pochi.
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Titolo: Storie 1984-1986
Autore: Andrea Pazienza
Editore: Coconino Press
Anno: 2021
Pagine: 176
Voto: 3.5/5