Il grande azzurro è il secondo romanzo di Ayesha Harruna Attah, che dopo I cento pozzi di Salaga – nato dal ricordo di una trisavola, venduta come schiava al mercato di Salaga, nel Ghana precoloniale – torna a raccontarci delle gemelline Hassana e Husseina. Entrambi i libri sono pubblicati in Italia da Marcos y Marcos.
«Fluttua. Attorno a lei c’è una musica dolce che la culla. Diviene acqua, tenuta a galla da una forza che è come casa, come onde, come l’abbraccio di una madre. È dentro di lei e intorno a lei. È protetta dall’amore, dalla casa, ed è piena di coraggio»
Il grande azzurro – Trama
Il grande azzurro inizia con il racconto di Hassana, che ne I cento pozzi di Salaga, ambientato a partire dal 1892, avevamo lasciato nel momento in cui era stata cacciata dalla casa di Wofa Sarpong, l’uomo che un anno prima l’aveva comprata come schiava insieme alla sorella maggiore Aminah. La backstory, raccontata nel libro precedente, è quella di una famiglia uccisa e depredata nel proprio villaggio di Botu, nel Ghana, le cui figlie, Aminah e le gemelline di soli dieci anni, Hassana e Husseina, erano state catturate dai predoni e vendute come schiave al mercato di Salaga. Durante il viaggio fino a Salaga, Hassana e Husseina vengono separate. Per tutto il primo libro, incentrato sulla storia di Aminah e di Wurche – l’altra protagonista femminile – non sappiamo cosa sia successo alla fragile Husseina. E perdiamo anche le tracce di Hassana, dal momento in cui, poco dopo l’inizio del racconto, lascia la casa di Wofa Sarpong.
Il grande azzurro ricomincia proprio da lì, coprendo lo spazio narrativo lasciato alle spalle ne I cento pozzi di Salaga (preciso che i due libri, nonostante siano collegati per le vicende delle gemelline, sono comunque due storie a sé stanti e autoconclusive). Come per il primo libro, anche questo procede nel racconto alternando le due voci: quella di Hassana e quella di Husseina; la prima ci racconta la sua storia in prima persona; per la seconda, invece, il racconto avviene attraverso un narratore esterno.
Hassana scappa dalla casa di Wofa Sarpong perché vuole ritrovare la sua gemella a tutti i costi. Fin da piccolissima è stata lei a prendersi cura della sorella, a parlare per lei, a difenderla e ora quella separazione le sembra disumana e incolmabile. Il coraggio di andare a cercarla, le viene a seguito di un sogno: le due così legate riescono a sognare i sogni dell’altra. Hassana vede una distesa azzurra e capisce, in questo modo, che sua sorella non è morta e anche se non ha idea di dove trovarla (molto probabilmente lontana dall’Africa), non ha intenzione di arrendersi. È così che iniziano le sue peripezie: lasciata la casa del suo schiavista, rischiando di diventare nuovamente proprietà di qualcuno, Hassana riesce a trovare rifugio presso la Basel Mission Trading Comapny (missione svizzera a carattere evangelico che tra il 1828 e il 1918 promosse l’alfabetizzazione nella Costo d’Oro). A diversi anni di distanza, riuscirà a trasferirsi ad Accra e, grazie all’istruzione ricevuta presso la Basel Mission, troverà non solo un lavoro presso lo Scissors House (prima sartoria ghanese fondata ad Accra nel 1854 da ex schiavi afro-brasiliani), ma anche una nuova famiglia.
Husseina, venduta anche lei come schiava, vive a Lagos con il suo schiavista, Baba Kaseko; ma la sua vita cambia quando incontra per caso Yaya Silvina, un’anziana donna, responsabile del culto Candomblè (una religione sincretica, nata dalla fusione di una religione pagana, quella del culto degli orixá, con elementi della religione cristiana; diffusa dagli schiavi africani presenti in Brasile) che la prenderà sotto la sua ala protettiva e la porterà con sé a vivere in Brasile. Lì Husseina, con il nome di Vitória, proverà a spezzare il legame con il passato, si innamorerà e inizierà lei stessa a professare il culto degli orixá (semidivinità mitologiche del paganesimo africano).
Tra le due sorelle c’è un oceano che le divide. Ma sarà sufficiente a tenerle lontane o la forza dei loro sogni sarà più forte di tutto?
Perché leggerlo
Il grande azzurro costruisce la storia indivisibile di queste due gemelle a partire da un contesto storico reale, da fatti realmente accaduti e da persone realmente esistite. Il tema centrale della narrazione è la libertà, declinato in diverse forme, da quella più universale di abolizione della schiavitù, alfabetizzazione ed emancipazione economica e terriera da altri; a quella più personale della ricerca di se stessi e della vita che più ci gratifichi; fino a quella più interiore circa la scelta libera del proprio credo religioso.
Molto interessante, a mio avviso, la geografia della narrazione tra l’Africa e il Brasile, due terre estremamente connesse tra loro proprio a causa della tratta triangolare degli schiavi (Africa-Sudamerica-Nordamerica). La connessione tra le due terre avviene, in questo racconto, attraverso personaggi di snodo fondamentale come Yaya Silvina e il signor Nelson (dello Scissors House), entrambi discendenti da africani deportati in Brasile per lavorare nelle piantagioni. La stessa Yaya era stata schiava in Brasile. I due personaggi – estremamente legati a entrambe le terre, tanto da far parte, il secondo, di una comunità di brasiliani ad Accra e, la prima, di una di africani a Salvador de Bahia – rappresentano anche i differenti influssi religiosi e culturali della popolazione afro-brasiliana. Da una parte Yaya che professa il culto Candomblé, sia in Ghana che in Brasile, dove deve proteggerlo dalle discriminazioni cristiane; dall’altra il signor Nelson, che invece è perfettamente cristiano e non vuole saperne di riti legati ai culti pagani.
Altro elemento di spicco della storia sono proprio le due protagoniste e i percorsi, non solo geografici, ma soprattutto spirituali che compiono. In particolare, ho empatizzato con Husseina/Vitória per la sua forza, per le sue risorse nascoste da una gemella troppo ingombrante e che però, una volta uscita dalla sua ombra, fiorisce. Di lei ho apprezzato i dubbi, la ricerca senza sosta di risposte, di segni, l’incertezza e la paura, la sua voglia di emanciparsi e di affermarsi. Ho apprezzo il suo percorso, un cerchio perfetto. Perché questo libro mi ha ricordato che ogni viaggio è completo solo se c’è una partenza e poi anche un ritorno.
In conclusione, Il grande azzurro è un libro ricco di storia, cultura, religione, con due protagoniste estremamente coraggiose e appassionate; alla ricerca di se stesse e dell’altra, in un continuo legame fatto di sogni e radici. Una storia profonda che ci porta in uno spaccato di vita, di realtà e di storia lontano (ma non così tanto) da noi e che altrimenti rischieremmo di perdere. Perché è facile dimenticare che dietro la Storia, ci sono infinite, uniche storie che vale la pena leggere.
Leggi anche la mia recensione del libro precedente di Ayesha Harruna Attah: I cento pozzi di Salaga e di Zainab conquista New York.
Titolo: Il grande azzurro
Autore: Ayesha Harruna Attah
Traduzione: Francesca Conte
Editore: Marcos y Marcos
Anno: 2021 (prima edizione in lingua originale 2020)
Pagine: 320
Voto: 5/5