Lingua e essere

Lingua e essere

Lingua e essere è un saggio di Kübra Gümüşay, nipote di lavoratori turchi emigrati in Germania; è una delle giornaliste e attivista più importanti del suo Paese; arriva in Italia grazie alla Fandango Libri.


«Che cosa è venuto prima: la nostra lingua o la nostra percezione?»


Lingua e essere – Trama

Lingua e essere è un saggio che parte dal postulato secondo cui il linguaggio influenza e plasma il nostro modo di pensare e di vedere il mondo. Il libro è un excursus a favore di questa tesi, che ha come fine quello di invitare alla riflessione e all’approfondimento della tematica: e di quanto cioè, la nostra intera esistenza e, soprattutto, il modo in cui guardiamo l’altro, siano spesso frutto dei linguaggi dominanti delle destre.

So che leggendo un’introduzione del genere si potrebbe pensare: “Non io. A me non succede”, ma vi posso assicurare che la nostra esistenza è piena di parole che non riescono a inglobare pienamente il nostro sentire; ma anche di parole che ci ingabbiano in pensieri che non sono neanche i nostri.

I capitoli da cui è costituito il saggio creano un percorso da seguire: prima Kübra Gümüşay ci mostra quanto sia forte e, paradossalmente, limitato il potere delle lingue, invitandoci a conoscere i prestiti linguistici, a muoverci nella profondità di più lingue. La stessa autrice racconta che scrive poesie, piange e prega in turco, che è la lingua in cui è stata amata da bambina dai suoi genitori; in arabo sono state le prime parole che il nonno le ha sussurrato all’orecchio; il tedesco è stata la lingua che doveva diventare la sua casa più importante, ma che per lei è sempre stata una sfida, una gara tra ciò che aveva dentro e ciò che usciva fuori; e infine l’inglese, che invece l’ha fatta sentire e stessa e libera.

Andando avanti nella lettura, l’autrice ci mostra numerosi esempi di studi contemporanei e più antichi sulla lingua e sul suo legame con l’essere. In modo particolare il discorso è legato a doppio filo con quello dell’identità razziale delle persone; delle categorizzazioni che ne fanno i privilegiati. Già, perché in una società come la nostra non si possono chiamare diversamente i maschi bianchi a cui tutto è concesso per diritto. E dov’è, allora, il diritto di essere umano? Quel diritto che prescinde dal colore della pelle, dalla provenienza etnica, dal sesso, dall’orientamento sessuale, dalla religione e dalle disabilità fisiche. Può la popolazione globale definirsi tollerante e integrata se già le parole che utilizza per descrivere il diverso da sé sono limitanti? Dietro la donna araba con il velo, c’è una donna; dietro l’uomo di colore, c’è l’uomo. Come può una società giusta dimenticarsi di tutto questo?

Senza dimenticare, poi, la retorica deleteria dei mezzi di comunicazione di massa. Kübra Gümüşay riporta numerosi esempi vissuti sulla sua pelle e testimonianze di altre giornaliste, altre attiviste, altre donne, che si sono trovate – loro malgrado – a favorire il gioco mediatico del dibattito e della contrapposizione nella vecchia, ma sempre efficace, retorica dei buoni contro i cattivi. Kübra Gümüşay spiega di come per anni abbia utilizzato la potenza delle sue parole per spiegarsi, dove per spiegarsi intende non solo se stessa, ma tutta la comunità musulmana, tutte le donne musulmane; facendo di fatto il gioco di chi pretende di spiegare una singola vita, disumanizzandola e rendendola esplicativa di un intero popolo. Davvero non ci vengono in mente titoli di stampa o lanci al telegiornale su tragedie ingigantite per l’origine geografica del colpevole? O, al contrario, minimizzazioni di attentati compiuti da maschi bianchi, giustificati dietro insanità mentali?

L’autrice, infine, spiega come la mancanza di una visione aperta che tenga conto anche delle prospettive degli altri, che inglobi un linguaggio che parli dell’essere e non delle categorie o delle appartenenze, sia il limite umano in cui incappa la nostra società. La fede nell’assolutezza del proprio punto di vista, della propria posizione, del proprio ruolo, del proprio linguaggio, della propria unica e corretta prospettiva, mette in pericolo gli altri, trasforma le persone in categorie e le chiude in gabbie da cui diventa quasi impossibile uscire.


Perché leggerlo

Lingua e essere è un libro che va letto perché invita a una riflessione consapevole dello stato delicato e squilibrato in cui si trova la narrazione del mondo. È un libro che invita all’ascolto dell’altro, che invita a guardare alle persone come persone, con la loro storia, la loro esperienza, i loro sbagli e le loro capacità.

È un saggio che apre la mente perché troppe cose vengono date per scontate e, parlando da una posizione di privilegiata, posso dire che leggere e immaginare come debba sentirsi qualcuno costantemente additato per la visione globale che viene affibbiata alle sue origini geografiche deve essere frustrante. Ho scritto che parlo da una posizione privilegiata, eppure nel mio quotidiano, provenendo da un piccolo paesino del sud Italia, posso dire quanto i miei privilegi durino poco, se solo salgo più su del Lazio.

Che ci piaccia o no, il nostro linguaggio influenza come vediamo gli altri, come ci vedono gli altri, come gli altri si vedono attraverso i nostri occhi e come vediamo noi stessi. È ora di far sì che la nostra lingua sia anche la nostra casa e quella di tutto il mondo.


Titolo: Lingua e essere

Autore: Kübra Gümüşay

Traduzione: Lavinia Azzone

Editore: Fandango Libri

Anno: 2021(Prima edizione in tedesco 2020)

Pagine: 218

Voto: 4.5/5