Stone fruit è la graphic novel di debutto della giovane australiana Lee Lai, pubblicata in Italia da Coconino Press, con una bellissima prefazione a cura di Jonathan Bazzi.
«-“Cosa provi, adesso?”.
-“Al momento, niente. Più tardi, probabilmente di tutto”.»
Stone fruit – Trama
Stone fruit è un racconto delicato, intimo e sincero di quello che accade tra due persone quando l’amore di uno non basta a curare le ferite personali dell’altro.
Ray è innamoratissima della sua compagna Bron, con cui ha una relazione e una convivenza da cinque anni. Il loro è un rapporto fatto di tenerezza e molto entusiasmo, soprattutto per quei preziosi momenti che riescono a condividere con la fantasiosa nipotina di Ray, Nessie, che ha sei anni e una vivacità e sensibilità fuori dall’ordinario. I pomeriggi spesi con la bambina in un bosco, a caccia di cani argentati e mostri di ogni tipo, rappresentano l’avventura personale e famigliare che le due donne si trovano a vivere con sempre rinnovato piacere. Come un arcobaleno che spunta due volte a settimana nella loro quotidianità.
A un certo punto, però, il rapporto tra Ray e Bron si incrina. C’è qualcosa in Bron di non risolto, che la porta ad allontanarsi dalle due persone che ama di più: Ray e Nessie. A quel punto, è tutto da ricostruire. Ray, rimasta sola e incapace di stare accanto a Bron (incapacità resa tale solo per la cocciutaggine di Bron), si avvicinerà a sua sorella, la madre di Nessie, cercando di ricostruire un rapporto pieno di crepe, ma non per questo privo d’amore. Allo stesso tempo, dovrà imparare a stare con la piccola Nessie senza la sua compagna Bron, l’unica capace di inventare le avventure che tanto piacciono alla bambina. Dall’altra parte, Bron tornerà dalla sua famiglia e cercherà, anche lei, di instaurare un rapporto con la sorella più piccola, che sente di aver abbandonato già una volta.
Perché leggerlo
Stone fruit ci regala una bellissima storia di umanità, di famiglia e di coppia, non tralasciando condizionamenti sociali e culturali, dubbi religiosi ed esistenziali, preconcetti e preoccupazioni; con due protagoniste alla ricerca della loro vera identità, in lotta con ferite e cicatrici nate dalle parole taciute delle rispettive famiglie. Perché a volte, il luogo d’amore per eccellenza, è il luogo dove si viene capiti meno. Una menzione importante va fatta anche ai disegni e ai colori: semplici, diretti, espressivi, poetici. Il connubio tra disegni tanto evocativi e parole così ben scelte, fanno di Stone fruit una lettura che arriva dritta al cuore.
La view fumettistica di Mirko
Un tempo, qualcuno mi disse che esistono alcune storie capaci di costruirti e distruggerti nel giro di un’ora o poco più. Lo tenni a mente, teorizzando che le graphic novels fossero proprio la congiunzione ideale di quelle forze opposte, talmente opposte da alimentarsi a vicenda e dare vita ad alcune delle opere d’arte più trascendentali e influenti della nostra “letteratura disegnata”.
Stone Fruit di Lee Lai si incastra con forza all’interno di quel pantheon speranzoso-quanto-doloroso, e lo fa con una semplicità disarmante, soprattutto per il fatto che questo è il debutto long form dell’autrice.
Il fumetto si presenta immediatamente con eleganza: basti osservare il design minimal/vignettistico dei personaggi (Lai è infatti famosa per aver realizzato alcune vignette per The New Yorker e altri magazine); lo stile preciso e diretto delle illustrazioni, composte da individui che si stagliano contro sfondi dipinti di grigio e blu; e la composizione delle pagine, sempre rigorosamente costituite da quattro vignette della stessa dimensione.
Questi tratti stilistici aiutano a definire l’atmosfera intima dei personaggi, fatti di infinite separazioni, battaglie interne invisibili, silenziose quasi sempre, eppure prepotentemente rumorose. Non è un caso che Craig Thompson (autore del fumetto “intimo” per eccellenza, Blankets) sia un fan del lavoro di Lai; c’è sicuramente un filo rosso che connette i cuori infranti di Stone Fruit a quell’umanità così delicatamente dipinta da lui nel suo capolavoro.
Nonostante scorra con grande facilità, la graphic novel porta con sé un gran numero di tematiche, mai affrontate faccia a faccia, ma sempre approfondite quanto basta da farle sembrare sussurrate nel subconscio del lettore. Lee Lai conferisce grande importanza a ogni singolo strato e gestisce il flow dell’opera in modo quasi impeccabile (ci sarebbe un minuscolo calo tra il secondo e il terzo atto, ma è qualcosa di perfettamente fisiologico), lavorando con profondità le dinamiche tra i personaggi e le loro psicologie. L’autrice lascia una coppia di donne correre nel bosco con loro nipote, una bambina di sei anni che le trasporta in un mondo fatto di magia, in cui tutte loro assumono la forma di creature mistiche. A intervalli regolari e metaforici, tornano alla realtà che le vede depresse senza via d’uscita, ad affrontare la fragilità dell’amore quando è sovrastato dal deterioramento della salute mentale; le sorelle che soffrono di una sofferenza irrisolvibile quanto la loro; una famiglia che non riesce a comprenderle; i così tanti membri della società che guardano una persona trans come se non fosse una persona. Ci vuole un’anima antica per gestire così tanti pesi narrativi, e Lee Lai sembra possederla.
Da lettore, attendevo con trepidazione questa graphic novel, perché aveva tutta l’impressione di poter essere uno di quei rari casi a cui facevo riferimento poco fa. Molto spesso, infatti, la lettura non giustifica del tutto l’hype, ma questo non è ciò che accade con Stone Fruit. Dopo essere stato distrutto e costruito, mi sento di dover aggiungere dell’hype, perché questo fumetto non è semplicemente bellissimo, ma è addirittura importante per l’arte sequenziale della nostra epoca contemporanea.
Titolo: Stone fruit
Autore: Lee Lai
Traduzione: Alice Amico
Editore: Coconino Press
Anno: 2021
Pagine: 240
Voto: 5/5