Il grande me è il secondo romanzo dell’autrice Anna Giurickovic Dato, pubblicato dalla Fazi Editore, per la collana Le strade, che nel 2017 pubblicò anche il suo romanzo d’esordio La figlia femmina.
Il grande me è un racconto vero, onesto, sincero fino a fare male. È la storia di un lungo, ma forse sempre troppo breve, addio.
«Paradossalmente, ora è a noi stessi che dobbiamo pensare, a come siamo stati con lui, non a cosa ci lascia, ma a cosa gli avremo permesso di lasciarci»
Trama – Il grande me
Carla insieme a suo fratello maggiore Mario e a sua sorella più piccola Laura si trasferisce momentaneamente da Roma a Milano, per aiutare suo padre Simone che sta combattendo con un cancro al pancreas. In quei giorni di dolore, sofferenza, lotta, ma anche di risate, di ricordi, di vecchie e nuove abitudini e di tante e poi troppe poche chiacchiere, i quattro ritroveranno quel senso di famiglia che avevano perso tanti anni prima, a seguito del divorzio di Simone dalla madre dei suoi tre figli.
Incontriamo per la prima volta la voce narrante della storia, Carla, in una stanza d’ospedale che va a far visita a suo padre Simone ricoverato per degli accertamenti. Da subito si evince un rapporto di mutuo amore, forte e indissolubile, resistito alle bruttezze della separazione, ma comunque incidentato, fatto di tanti non detti. E di non detti è pieno il racconto. Soprattutto nel tacito patto tra padre e figli di non dirsi mai ciò che veramente sta succedendo; di fingere di credere che una cura a un tumore in stadio così avanzato e tra i più aggressivi al mondo possa essere trovata; di provare ad avere fede che il giorno dopo andrà meglio, che si potrà uscire per fare colazione o andare tutti insieme a cena fuori.
Perché, a volte, l’amore si trova proprio in ciò che scegliamo di non dire per non far soffrire, per non deludere le aspettative, per non tradire la speranza. E Carla è piena di questo amore per suo padre.
Attraverso i ricordi di Carla – che sono poi i ricordi di Simone – conosciamo che bambino è stato mentre cresceva nel ventre materno della sua Catania, spronato e sostenuto dall’amore della madre sempre impareggiabile e mai più sperimentato nella vita. È lì che si sedimenta il pizzico di narcisismo che rende Simone così affascinante agli occhi di Carla e di tutti i suoi figli (il più grande, il più intelligente, il più bravo). È proprio a sua madre, morta diversi anni prima, che Simone pensa mentre la sua testa si allontana dal corpo e dal presente. Attraverso il racconto di Carla scopriamo la caratura dell’uomo che è stato: del musicista prima, del padre poi, del politico anche, e infine del malato che è diventato.
Come se già la nuova routine che i tre fratelli si trovano a vivere non fosse uno sconvolgimento sufficiente, Simone rivela loro un segreto che si porta dietro da quasi tutta la vita. Carla, Mario e Laura, che hanno tre caratteri molto diversi tra loro, affrontano i nuovi scenari in maniera quasi opposta: chi crede fermamente nella parola del padre, chi ci legge la giustificazione di una vecchia sensazione e chi la nega con convinzione. Ciò che accomuna i tre ragazzi, però, è l’ineluttabilità della morte, il senso di fine che sembra così vicino ma poi non arriva mai, per arrivare alla fine troppo in fretta. Li accomuna la rassegnazione e il tentativo di sovvertire l’ordine naturale delle cose, continuamente in lotta all’interno di loro stessi.
Perché leggerlo
Il grande me è un racconto ricco di immagini; è come se qualcuno guardasse un’istantanea e ce la descrivesse. Carla si fa portavoce della narrazione della vita di suo padre, rivive i suoi ricordi e li fa propri, per tenere qualcosa di lui, del suo grande padre dentro di lei.
Carla racconta ammirata dell’uomo che è stato e che è suo padre, mostrandoci come la malattia gli abbia indebolito prima il corpo e poi la mente. Simone, da sempre brillante, testardo, idealista, ribelle e raffinato musicista si trasforma nel fantasma di se stesso. Un cambiamento troppo duro da accettare, soprattutto per Carla che vive la sua vita illuminata dai riflessi del suo sole personale.
Ciò che mi ha fatto amare e apprezzare il libro – nonché stimare l’autrice – dalla prima pagina è stata la verità del racconto. Ho ritrovato pensieri che mi sono appartenuti, sensazioni vissute, momenti che hanno segnato il mio percorso. Soprattutto, l’autrice ha saputo raccontare l’assurdità della negazione della vita attraverso la vita stessa; ha saputo raffigurare i pensieri più infimi ma più umani che si possono sperimentare in certe situazioni. Ha reso viva la volontà di dimenticarsi per un solo attimo della paura, dell’instabilità, dell’abisso che regna nella testa in alcune fasi delicate della vita di chi resta, attraverso il trionfo del corpo. E di come questo tentativo sia sempre un fallimento, sia sempre dolore che si somma ad altro dolore, ma non per questo bisogna vergognarsi o odiarsi.
Voglio dire a Carla, che ci vuole tutta la vita forse, ma poi si fa pace con certi dolori. E che chi se ne va, non lo fa mai per davvero.
Concludendo, consiglio a tutti di leggere Il grande me perché è un racconto sincero, onesto, ironico in certi punti, tenero in altri, disperato in altri ancora. Ma mai pesante, mai eccessivo. Anna Giurickovic Dato è riuscita a raccontare della fine di un uomo con una carezza, un po’ ruvida ma pur sempre una carezza.
Titolo: Il grande me
Autore: Anna Giurickovic Dato
Editore: Fazi Editore
Anno: 2020
Pagine: 230
Voto: 5/5