Giorni felici

Giorni felici

Giorni felici è la nuova graphic novel di Zuzu, il cui titolo è un chiaro riferimento all’omonimo dramma teatrale di Samuel Beckett – un riferimento tutt’altro che casuale – pubblicata da Coconino Press.


«I momenti felici quando passano sono quelli che fanno più male»


Giorni felici – Trama

Giorni felici ci racconta della storia di Claudia, una giovane donna divisa tra passato e futuro, alla ricerca del suo posto nel mondo, all’inseguimento dei suoi sogni e in fuga dalle sue tante paure e dai suoi tanti disagi. Esattamente come l’opera teatrale, la graphic novel è divisa in due atti – il passato e il futuro – con un prologo nel presente di Claudia: la sua relazione con Piero, un ragazzo che la tiene per mano, che l’accoglie anche quando non la capisce. Il ritorno a Roma per un provino – in cui la protagonista reciterà proprio il monologo di Beckett – causerà l’incontro fortuito con Giorgio, il suo ex. Da qui inizia il primo atto che ci lascia conoscere l’amore che c’è stato tra i due, la differenza d’età e di vedute, gli eccessi, i vizi, i giorni felici e l’allontanamento sentimentale. Ma cosa succederà quando Claudia, nel presente, sceglierà di incontrare di nuovo Giorgio per un confronto sulla loro passata relazione?

Perché leggerlo

Giorni felici è un vortice di emozioni forti, di paure, di attacchi di panico, di inquietudini, di paturnie. È la ricerca d’affetto, protezione, accettazione incondizionata. È Claudia che teme sempre di non essere all’altezza di chi ha di fronte, che si chiude in sé, che si sente depressa e poi felice.

Giorni felici si legge tutto d’un fiato, lascia tracce di inquietudine e poi un pizzico di speranza. I disegni, anche se non sono vicini ai miei gusti, sono funzionali per esprimere gli stati d’animo di Claudia, le sue personalità e aiutano, senza dubbio, a far arrivare il mix di emozioni più diritto nel cuore dei lettori.

La view fumettistica di VVolpe

Una volta stavo parlando con un mio caro amico dalla soglia dell’attenzione generalmente molto bassa; parlavamo di 2001: Odissea nello Spazio, che lui aveva appena visto per la prima volta. “Bravo, ti sei lanciato sul cinema complesso” o qualcosa di simile uscì dalla mia bocca. La risposta fu un fiero “Sì”. “E ti è piaciuto?”. “Sì”. “Ma ci hai capito qualcosa?”. Un secondo di esitazione prima di un disinteressato “Nooo”. Ora, non è che voglia paragonare Kubrick a Zuzu, senza offesa per nessuno (ché Kubrick è molto italiano – dicevano – e Zuzu invece mi sta simpatica, viene dalla mia seconda patria, fa un sacco di riferimenti simpatici a Star Wars e abbiamo anche qualche conoscenza in comune), però io, dopo aver letto Giorni Felici tutto d’un fiato, mi sento un po’ come quel mio amico. Nel senso che non so come mi sento. Cioè, mi sento un po’ come Giorni Confusi.

Narrativamente, ho perso leggermente la bussola perché non ero certo di come approcciare il lavoro: ipotesi sperimentale o ipotesi metaforica? Ho provato a cambiare registro ripetutamente e alla fine sono andato col flow, restando un po’ spiazzato, ma forse è così che ci si deve sentire quando si leggono opere le cui protagoniste sono spiazzate, a loro volta, da loro stesse? Perdonate il gioco di parole, non vorrei usare una prosa sregolata copiando lo stile di Samuel Beckett (che in quest’opera viene chiamato in causa sia nell’omonimia del titolo che nell’utilizzo leggiadro della parola “uallera” – un first time ever nella storia delle graphic novel – per il quale mi complimento).

Mettendo un attimo da parte la mia simpatia, la verità è che del fascino lo si ritrova tranquillamente in entrambe le ipotesi, ma certamente un cicchetto di struttura narrativa in più avrebbe potuto fare la differenza (non mi chiamate rompiscatole, ma lo storytelling è pur sempre il mio dna). Non credo che ci sia stato tantissimo planning, in realtà, non solo per l’assenza di un certo tipo di struttura, ma perché l’idea che Giorni Felici restituisce è quella di un qualcosa che è stato veementemente buttato fuori un po’ alla volta. Sotto questo punto di vista, anche lo stile di disegno e la scelta del colore hanno senso, perché restituiscono una sensazione di fretta. Non ho particolarmente apprezzato la scelta di spezzettare il dialogo in una miriade di vignette quasi identiche, perché è un procedimento che elimina una delle magie narrative più importanti dell’arte sequenziale: riempire gli spazi vuoti tra una vignetta e l’altra.

Ecco, ci sono tante cose in quest’opera che mi lasciano l’amaro in bocca perché non la trovo rifinita/completa, nonostante sia un undertaking monumentale di quasi 450 pagine pieno di idee. Un mix di varie cose, belle e meno belle, che fanno a testate: battute intelligenti vs dialoghi che non spiccano il volo; sentimenti autoreferenziali vs concetti universali in cui identificarsi; situazioni vivacemente surreali vs una necessità di forzare un certo tipo di commentario; momenti pieni di energia vs poetica da frasi fatte da social; e così via. Vorrei vedere una proposta più concreta da parte di Zuzu, perché l’epoca che viviamo eleva e consacra gli artisti troppo velocemente e conferisce loro una piattaforma dalla quale, a volte, possono dimenticare che l’essenza di tutto ciò che facciamo è coltivare continuamente i propri talenti, non darli per scontati – e lo dico col cuore.

Auteur//Magazine//Indie Brand of: Novels, Movies, Visual Art, Pop Culture Opinions, Fashion, Stories, Creative Directions, Poems + More. Scopri chi è Mirko VVolpe sul suo blog NormalGenius_


TitoloGiorni felici

Autore: Zuzu

Editore: Coconino Press

Anno: 2021

Pagine: 448

Voto: 3/5

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