L’Isola

L’Isola

L’Isola è un romanzo scritto a quattro mani dai giornalisti Claudio Fava e Michele Gambino ed edito dalla Fandango Libri. Fava e Gambino sono autori già di diversi romanzi, ispirati dalle loro esperienze come reporter di zone di pace e di guerra, per importanti testate giornalistiche nazionali. Claudio Fava è uno degli autori della sceneggiatura de “I cento passi”; Michele Gambino ha scritto, sempre per Fandango Libri, Enjoy Sarajevo; mentre insieme hanno già collaborato per la stesura del libro Prima che la notte, da cui è stato poi tratto un film per la televisione.

Questi sono solo alcuni esempi dell’attività giornalistica di Fava e Gambino, i quali, anche con L’Isola, ci offrono una testimonianza limpida, conscia e approfondita della dinamica, sempre attuale, Occidente vs Oriente.


«Sono venuti di notte, hanno occupato le nostre case, sequestrato i nostri bambini. Mi chiedo come è potuto accadere. Non eravamo noi i più forti?»


L’isola – Trama

L’Isola è il racconto, declinato in undici giorni, dell’invasione dell’isola di Lampedusa, nel mese di ottobre, da parte dei Leoni del Jihad, un gruppo terroristico proveniente dalle coste libiche, guidato dal comandante Yussuf al-Mutlak. Lo sbarco a Lampedusa avviene in piena notte, quando i controlli sull’isola sono praticamente nulli, sorprendendo gli abitanti, i pochi turisti e gli eserciti lì presenti, nel cuore della notte, nelle loro abitazioni, e tagliando ogni possibilità di comunicazione con il mondo fuori da Lampedusa e all’interno dell’isola stessa. Il colpo riesce nel suo effetto a sorpresa grazie a pochi infiltrati (alcuni consapevoli, altri meno), che si trovavano sull’isola dall’estate, come lavoratori stagionali. In particolare un italiano, Mariano Licalzi o Abu al-Taliani (l’italiano, per l’appunto) come lo chiamano i jihadisti, luogotenente di Yussuf. Scopo dell’invasione è quello di rendere Lampedusa non solo un nuovo territorio del califfato e convertire tutte le “genti del libro” (i cristiani) alla fede verso Allah; ma anche quello di creare una fabbrica europea di metanfetamine. L’esercito dei Leoni del Jihad, armato fino ai denti, in pochissime ore si impossessa dell’isola: divide i bambini dalle famiglie, le donne dagli uomini, i migranti dal resto della popolazione, i soldati italiani e americani dai civili.

Nelle stesse ore, a Lampedusa era arrivato Luca Banti, un giornalista romano che stava indagando sulla strage dei migranti del 10 ottobre di un anno prima. In quell’occasione, fonti isolane certe, riportavano che la Guardia Costiera, sotto la guida del comandante in carica, il tenente Camarda, avesse ritardato i soccorsi in mare, lasciando morire 366 migranti. Altri 66 si salvarono grazie all’aiuto di alcuni isolani che erano in barca, per una battuta di pesca, quella stessa notte. Luca Banti si era recato a Lampedusa proprio per intervistare quelle persone e Camarda. Questi gli antefatti alla vigilia dell’invasione. Da quel momento in poi, man mano che proseguiamo nel racconto dell’istituzione del nuovo stato islamico, entriamo in contatto con tutti gli altri personaggi che si aggirano dentro e fuori dall’isola.

L’Isola – L’analisi

L’Isola, come gli stessi autori affermano in un’intervista, è un romanzo associabile al genere distopico, perché risponde alla domanda: “cosa accadrebbe se?”. Non a caso, i due autori si sono ispirati a Ken Follet e Stephen King per raccontare la loro storia di un’invasione. Ciò che sicuramente colpisce è la chiarezza della narrazione, dove le due voci di Fava e Gambino mi mescolano sapientemente, convolando in un’unica voce, senza che il lettore possa accorgersi di un qualunque cambiamento di tono o registro.

Il racconto è articolato in 11 macro capitoli, ognuno dedicato a un giorno diverso dell’invasione, più uno finale conclusivo, a qualche tempo di distanza dagli avvenimenti. I macro capitoli sono poi frammentati in tantissimi paragrafi, che raccontano l’escalation degli avvenimenti attraverso un narratore onnisciente, che si muove tra i personaggi e i luoghi dentro e fuori dall’isola, permettendo al lettore di avere sempre una visione a 360° di tutte le dinamiche che si mettono in moto negli undici giorni. Quello che succederà nel corso delle giornate sono le tre dinamiche principali di tutto il racconto (alle quali si uniranno le storie personali di alcuni protagonisti) ossia: il tentativo di sottomettere gli isolani ai precetti del fondamentalismo islamico, da parte dei jihadisti; la sopravvivenza, che si trasformerà in resistenza, di piccoli gruppi di persone sfuggite alle ronde jihadiste, che si uniranno nell’unico gruppo dell’Esercito isolano di liberazione; e infine, le manovre del governo italiano prima e di quello internazionale dopo, per la liberazione dell’isola dall’invasore.

Punto molto interessante della narrazione sono i tantissimi personaggi coinvolti. Nonostante ce ne siano alcuni di spicco, è un romanzo corale che non lascia nessun personaggio al caso e che riesce a fornire un’idea chiara e precisa di tutti i ruoli e di tutti gli elementi in gioco. Oltre ai personaggi già citati nella trama, trovo necessario menzionare: Matteo Briganti, agente dell’Aise sotto copertura, che sarà la mente di tutta l’operazione di resistenza e l’unico a mantenere i contatti con chi è sul continente; Mamadou Djouf, un migrante sbarcato sull’isola insieme ai suoi compagni di sventura; Adam Stunter, detto l’inglese o il reporter di Allah, in quanto videomaker che immortala le atrocità compiute da Yussuf; Gianni Maggiore junior, un adolescente con la passione per l’archeologia; Giuditta Nicastro, la sindaca dell’isola, la donna che non si arrenderà; Don Juan Gordillo Vargas, parroco di Lampedusa; il professor D’Angelo; Aristide Ferraris, il Presidente del Consiglio, a suo modo fuori dagli schemi; l’ammiraglio Martinetti, i suoi amici russi; e infine i tre mafiosi presenti sull’isola.

Ogni personaggio ha una sua rilevanza e una sua funzione chiave ai fini della narrazione dei fatti degli undici giorni. Tra tutti, scelgo di approfondirne quattro. Il primo è il professor D’Angelo, il quale incarna l’anima lampedusana, cioè quella di una popolazione storicamente conquistata e dominata da popolazioni differenti e quindi più incline all’adattamento. È proprio una citazione tratta dal discorso tra il professore e il prete, nel momento della conversione forzata, che ci aiuta a capire meglio quest’indole (quanto meno iniziale) all’adattamento degli isolani:

“Vede don Juan, quest’isola è stata colonizzata da fenici, greci, cartaginesi, romani, arabi, normanni, borboni, maltesi, francesi, inglesi… […]. E noi ci stiamo a preoccupare se adesso diventa territorio islamico? Lo è stata almeno altre sei volte nella storia, anche se i miei compaesani sono ignoranti e non lo sanno; la verità è che qui passano tutti e tutti se ne vanno. Se ne andranno anche questi, e certo io non mi faccio ammazzare per un crocifisso”.

Il secondo è il Presidente del Consiglio, un professore “tolto” alle aule universitarie e messo a sedere ai vertici del governo italiano. Ho trovato interessante il suo personaggio per il disagio e il senso di inadeguatezza al ruolo che lo hanno accompagnato durante la narrazione e che, comunque, non gli hanno impedito di fare e bene il suo lavoro, conquistandosi passo dopo passo il rispetto dei leader degli altri Paesi coinvolti nell’invasione musulmana. Più importante di ogni cosa è, però, la sua idea su quale possa essere la vera resistenza alle invasioni (intese in senso lato): lo studio, la conoscenza. Torna il concetto di insegnamento come arma contro ogni tipo di crudeltà, sopruso e ingiustizia.

Il terzo personaggio su cui mi soffermo è Mamadou che incarna il messaggio chiave di tutta la narrazione e cioè che i migranti non sono invasori, ma anzi, si affiancano agli isolani per combattere contro il nemico comune: i jihadisti. Perché molto spesso si dimentica che la ragione dei tanti sbarchi è una guerra, quella in Medio Oriente, che è assurda tanto per chi sta al di qua del Mar Mediterraneo, tanto per chi sta al di là. 

Infine, la sindaca di Lampedusa, Giuditta Nicastro, una delle donne della narrazione e sicuramente una di quelle più attrattive. È un personaggio dalle svariate sfumature, ma da un tratto indiscutibile: la forza. Sembra quasi una donna di marmo, impenetrabile; niente affatto insensibile ma “tosta”. È tra quelli che rischiano di più perché ha un piede nell’invasione e un piede nella resistenza; mantenendo però ben chiara l’idea di da che parte si trovi la sua volontà. Il suo fare quasi da spia me l’ha resa particolarmente simpatica.

L’Isola – Il contesto

L’Isola nasce da un viaggio compiuto da Michele Gambino a Lampedusa per un’inchiesta sulla vera strage dei migranti del 3 ottobre di diversi anni fa. L’inchiesta non venne mai scritta, ma dopo averne parlato con Claudio Fava, nacque l’idea del libro. Il perno fondante della narrazione è il concetto di invasione. In una terra come quella di Lampedusa, soggetta ai tantissimi sbarchi dalle vicine Libia e Tunisia, il termine invasione è stato mediaticamente abusato per descrivere l’arrivo dei migranti sui barconi.

Gli autori hanno quindi voluto mettere in scena una “vera” invasione, ossia quella dei jihadisti, integralisti islamici, combattenti della “guerra santa”. Il messaggio è chiaro: è solo in questo caso che si può utilizzare propriamente il termine invasione. La differenza tra jihadisti e migranti (i primi carnefici, i secondi vittime in fuga) è una tematica che ritorna nel racconto. La narrazione ha il pregio di toccare tantissimi temi che meritano di essere approfonditi. Tra i tanti, quello che ha stuzzicato di più la mia attenzione (causa studi pregressi) è quello della manipolazione mediatica.

In questo racconto, il termine manipolazione ha due facce: quella evidente della propaganda politica, con la figura del reporter di Allah; e quella nascosta della disinformazione, che appartiene ai media occidentali e alla loro cronaca degli sbarchi a Lampedusa. Per quanto riguarda la disinformazione, il cui scopo è quello di distorcere le informazioni per orientare le masse (storicamente) contro un nemico comune, le metodologie d’azione sono la diffusione di notizie manomesse, incomplete, quando non addirittura false. Esistono ben dieci tecniche attraverso cui distorcere un messaggio: la contro-verità non verificabile; il miscuglio vero-falso; la deformazione del vero; la modifica del contesto; le verità selezionate; il commento rafforzato; l’illustrazione; la generalizzazione; le parti disuguali; le parti uguali. La conseguenza deleteria è l’effetto valanga: una volta diffusi a terzi la notizia opacizzata, questi tenderanno a mettere in atto giudizi o comportamenti collettivi errati (immigrati = invasori). Vi suona famigliare?

Per quanto concerne, invece, la propaganda politica, nel caso specifico del libro, assistiamo alle continue richieste di Yussuf di filmare e mettere in rete esecuzioni di massa, ammonimenti, minacce per spaventare l’opinione pubblica (giocando sul ricorso alla paura e all’autorità) e, all’opposto, scene di vita quotidiana per elogiare il benessere garantito nel califfato (in questo caso, effetto gregge e parole virtuose). Questi video hanno nella loro stessa natura la forza d’impatto necessaria al condizionamento: le immagini. La percezione e la comprensione delle immagini è molto più immediata e istintiva, e permette al ricevente di entrare subito nel vivo del racconto. Inoltre, le immagini coinvolgono molto di più la sfera emotiva e quindi l’emozionalità del destinatario. Non è, quindi, un caso che i video siano girati in maniera cinematica, con tanto di montaggio audio-video. Se a ciò, poi, aggiungiamo che l’immagine è innegabile, perché mostra ai nostri occhi qualcosa che difficilmente può essere confutata, allora, riusciamo a capire la forza e la mostruosità di tali video messaggi.

Non a caso, oggi come oggi, i conflitti internazionali si giocano molto sull’informazione: quelle che si riescono a ottenere, quelle che si riescono a nascondere e, infine, quelle che si riescono a manipolare. Nella propaganda politica gioca un ruolo cardine la componente psicologica, grazie alla quale questo tipo di informazione sortisce effetti non solo nei regimi totalitari, ma anche in quelli democratici; perché le persone non sono protette dai propri istinti e reazioni che possono nascere dopo l’esposizione a determinate immagini e informazioni.

Perché leggerlo

L’Isola è un romanzo che va letto, una storia che va raccontata. Ha in sé tutti gli elementi necessari a una narrazione di successo: l’azione, la suspense, le back stories dei personaggi, il pathos, la crudeltà, il coraggio, l’effetto sorpresa, gli intrighi e le manipolazioni politiche e, infine, qualche sano accenno all’amore. Ma soprattutto è un libro che, senza essere pretestuoso, invita a riflettere, a chiedersi da che parte della narrazione mediatica è giusto porsi. È un libro che cerca di scuotere le coscienze, di porre domande che non lascino spazio ad atteggiamenti acritici. Attraverso un racconto “inventato”, gli autori riescono a trasmettere valori che dovrebbero rimanere inossidabili per garantire il vivere e il convivere civile delle popolazioni.

Leggi le altre mie recensioni per Fandango Libri: Qui dovevo stare.


Titolo: L’Isola

Autori: Claudio Fava e Michele Gambino

Editore: Fandango Libri

Anno: 2020

Pagine: 432

Voto: 5/5

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